SCUOLA, LEZIONI ECOLOGICHE AI TEMPI DELLA CRISI CLIMATICA

SCUOLA, LEZIONI ECOLOGICHE AI TEMPI DELLA CRISI CLIMATICA

da l’ExtraTerrestre, settimanale di ecologia del Manifesto, numero XII, anno VII.

28.3.2024

SCUOLA, LEZIONI ECOLOGICHE AI TEMPI DELLA CRISI CLIMATICA

Serena Tarabini

Se Maometto non va alla montagna, la montagna va da Maometto. Suona un po’ così l’iniziativa delle «lezioni ecologiche» portata avanti da un collettivo di insegnanti di scuole di ogni ordine e grado. 

Si sono tenute dal 18 al 23 marzo in 25 classi pilota dislocate su tutto il territorio nazionale al posto delle consuete lezioni curriculari. Si sono tenute dalle primarie alle superiori per dare inizio a un dialogo costante con alunne e alunni sulla crisi socio-ambientale, anticipando quella riforma dell’educazione ambientale a scuola auspicata da una lettera, per una riforma in chiave ecologica della scuola rivolta al Ministro dell’Istruzione, ai/alle dirigenti scolastici, ai/alle docenti, agli studenti e alle studentesse, ai genitori, all’intera società civile.

LA LETTERA, che è anche una petizione sottoscrivibile online (https://forms.gle/uUtXMCsboSZ3ohUg8), è stata presentata pubblicamente al Liceo Socrate di Roma lo scorso 2 dicembre e ha visto fra i primi firmatari personalità del mondo dell’ecologia e della cultura quali Gianfranco Bologna, Federico Maria Butera, Renata Puleo, Lorenzo Fioramonti, Luca Mercalli e altri. Quello stesso giorno si è costituito il gruppo Alfabeti Ecologici che prende il nome dall’omonimo libro di Laura Marchetti (Alfabeti Ecologici – edizioni Progedit – 2012), già sottosegretario con delega all’Ambiente nel secondo governo Prodi (2007) e tra i promotori della lettera. 

IL GRUPPO, come spiega Federico calò Carducci che ne è il coordinatore, è partecipato da varie realtà: all’Associazione per la decrescita, da cui è partito un po’ tutto, si sono aggiunti l’MCE (Movimento di Cooperazione Educativa), i Teachers for Future Italia, il Movimento per la Decrescita Felice, l’associazione scuole per la Repubblica e altri. L’ispirazione è arrivata dall’Università di Barcellona, che per prima ha deciso di imporre agli iscritti (oltre 60 mila ogni anno) un percorso formativo sui temi della crisi climatica e ambientale. 

GLI ALFABETI ECOLOGICI VOGLIONO ANDARE OLTRE, estendendo il percorso a tutte le scuole di ogni ordine e grado, perché la riscrittura del rapporto fra essere umano e ambiente deve partire alle radici e attraversare tutto il percorso educativo. L’idea di base è quella di «decolonizzare» il pensiero da quell’antropocentrismo che sottomettendo ogni risorsa all’imperativo dell’avanzamento tecno-economico dell’umanità e trascurando la dignità degli esseri viventi non umani (e a volte anche quelli umani), compromette progressivamente la salute del pianeta e di chi la abita.

LA STRADA E’ QUELLA DI RECUPERARE il nostro posto non come vertice di una piramide ma come nodo di una rete. L’ecologia è lo studio di quell’intreccio di relazioni fra esseri viventi e ambiente che sostiene, diversifica, arricchisce il pianeta fin dalla sua nascita e ne ha consentito la sopravvivenza ai traumi più grandi, dagli impatti con meteoriti alle grandi estinzioni; una resilienza, è proprio il caso di usare questo termine abusato, che molto probabilmente permetterà di resistere anche alla forza devastante dell’antropocene. Ma a quale prezzo, soprattutto per le generazioni future?

LO SCOPO DI QUESTO GRUPPO DI INSEGNANTI è quello di passare dalla teoria alla pratica agendo su due piani: dall’alto, con una riforma delle Istituzioni, e dal basso, con azioni di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, per far vedere concretamente cosa si deve fare e come si può fare. Il ruolo degli educatori è fondamentale per quella trasformazione culturale necessaria per ripristinare un rapporto più equilibrato fra essere umano e natura. 

LE LEZIONI ECOLOGICHE NON SI VOGLIONO sostituire all’educazione ambientale o all’educazione civica. Sono pensate anch’esse in un’ottica «ecosistemica», ovvero transdisciplinare e dialogica, di rottura con la parcellizzazione dei saperi, che divisi in discipline rendono difficile una visione complessiva. La revisione dell’intero impianto epistemologico delle discipline e il superamento della loro rigidità e settorializzazione in favore di un insegnamento sistemico che non può far distinzione rigida tra scienze umane e scienze dure è uno dei punti fondamentali delle richieste che la lettera rivolge al Ministero dell’Istruzione, mentre ai dirigenti scolastici e agli organi collegiali si chiede di avviare la costruzione di curricula di Istituto che abbiano come cornice di riferimento la crisi ecosociale in atto, con il contributo attivo di studenti e includendo le istanze di territori e movimenti. 

GLI ALFABETI ECOLOGICI CONCRETIZZANO le richieste agli insegnanti proponendo di svolgere, al posto della normale lezione curriculare, prima una lezione analitica, che parta da una specifica tematica legata alla crisi ecologica e sociale in corso, indagandone le cause e le conseguenze, per poi arrivare a una lezione sistemica, ovvero un’attività di studio e ricerca, finalizzata a decostruire il paradigma antropocentrico che impregna anche i programmi scolastici e immaginare nuovi curricula più permeabili e interconnessi al fine di superare la compartimentazione delle materie. Fondamentale è coinvolgere alunne e alunni nella scelta dei temi e la loro modalità di presentazione, non contrapporre verità ed opinioni, dare spazio a domande e divagazioni. Si invita inoltre a informare tutti gli attori e le istituzioni scolastiche con una comunicazione previa e a coinvolgerli con la restituzione dell’esito dell’iniziativa, tramite i report che verranno realizzati per ogni lezione. E’ su quest’ultimo punto, il passaggio prima della lezione, che Federico Calò Carducci riferisce di aver trovato le maggiori difficoltà nel convincere gli insegnanti, molti dei quali già svolgono un lavoro simile nelle loro classi ma senza esporsi. 

QUESTO PRIMO CICLO DI LEZIONI HA RAPPRESENTATO una fase sperimentale, di cui si avrà riscontro pubblico l’8 aprile, nel corso di una conferenza stampa presso la sala stampa della Camera dei deputati a Montecitorio che si terrà alle ore 10 a cura dei parlamentari delle commissioni Cultura e Ambiente che hanno accolto e apprezzato l’iniziativa. L’idea è quella di renderlo un appuntamento mensile: il prossimo sarà dal 15 al 22 aprile, nella settimana in cui in Italia e tutto il mondo non solo i FFF e gli ecologisti, ma una convergenza di movimenti sociali torneranno in piazza con il global strike del 19 e in concomitanza con la giornata della terra del 22 aprile. 

I BAMBINI TENGONO BANCO

Toscana, Lazio, Emilia Romagna, Campania, Veneto, Piemonte: le «lezioni ecologiche» si sono tenute da nord a sud, dalla scuola primaria alle superiori, usando la transdisciplinarietà e la partecipazione attiva come metodo e il superamento del paradigma antropocentrico e tecnoeconomicista come obiettivo. Largo quindi al dialogo, alla collaborazione, all’esperienza diretta, alla redazione di nuovi materiali didattici. Nella consapevolezza della necessità di superare un modello di istruzione trasmissiva ed apprendimento parcellizzato che si manifesta fin dalla scuola primaria.

E’ QUELLO CHE OSSERVA BARBARA BERTANI, che insegna Italiano, Storia, Inglese, Ed. alla Pace ed arte nella scuola primaria San Giovanni Bosco dell’Istituto comprensivo Antonio Ligabue di Reggio Emilia. Lei e la sua collega di materie scientifiche, Lisa Domenichini, condividono da 15 anni una modalità di lavoro che ha trovato pieno riscontro nella proposta delle lezioni ecologiche per come sono state pensate. «Ci siamo rese conto ormai da anni, con tutte le riforme che ci sono state, che l’impostazione è completamente sbagliata: lavorare per unità didattiche, frammentare le conoscenze e quindi la realtà, porta a una visione parziale e limitata». Barbara e la sua collega di scienze hanno 

deciso di impostare la loro lezione ecologica a partire dalla realtà che i bambini vivono, che troppo spesso è invasa da schermi e digitazione. Hanno trasmesso l’idea di una «comunità di ricerca» e hanno scelto un luogo da dove i bambini e le bambine potessero partire per l’esplorazione del mondo attraverso i loro 5 sensi: il cortile della scuola. L’atto concreto dell’esplorazione è stata preceduta da una discussione durante la quale sono stati individuati gli strumenti dell’esploratore: ed ecco i bambini e le bambine sgomitare per proporre chi guanti e scatole, chi una lente, chi le pinze e quant’altro; il dialogo, spiega Barbara, è stato importante per dare loro sicurezza: capire cosa cercare, come utilizzare i propri sensi, i tanti significati della parola sentire, «io sento il rumore del vento ma sento anche freddo» ha detto un bambino.

NEMMENO LE INSEGNANTI SI ASPETTAVANO una reazione tanto entusiasta. «Abbiamo visto come i bambini e le bambine avessero bisogno di percepire il loro corpo attraverso i sensi ed erano così felici di essere stati protagonisti che ne hanno parlato per giorni». Queste nuove esperienze sono quelle che mantengono vivo l’amore per il lavoro, la scuola dovrebbe dare gli strumenti affinché siano più diffusi e praticabili».

ANCHE MONICA CAPO INSEGNA NELLA SCUOLA primaria e non è la prima volta che coinvolge i suoi studenti e studentesse in una tipologia di lezione «ecologica»: è anche promotrice del Collettivo Teachers For Future Italia che supporta il movimento Fridays For Future Italia nel chiedere un efficace contrasto alla crisi climatica. 

Il suo istituto il Capasso Mazzini di Frattamaggiore in provincia di Napoli, è stato infatti il primo in Italia a dichiarare l’emergenza climatica ed ambientale, seguendo le Linee Guida per le scuole sostenibili emanate proprio da TFF Italia. «La mia lezione ecologica era rivolta a bambin* di classe quinta ed è stata un po’ la chiusura del cerchio di questo ciclo che più volte li ha visti protagonisti di lezioni che potremmo definire ecosistemiche. Anche stavolta abbiamo discusso di rispetto della natura e salvaguardia dell’ambiente soffermandoci sulla varietà di forme viventi, sulle minacce che incombono su di essa (dalla distruzione degli habitat all’inquinamento, dall’eccessivo sfruttamento delle risorse al mutamento climatico) e sulle strategie per combatterle. Abbiamo usato testi e strumenti digitali e toccato tutte le discipline. Una piccola parte è stata affrontata anche sotto forma di debate all’americana tra gli alunni e le alunne». Monica è profondamente convinta che la «speranza» è anche e soprattutto «azione» politica, collettiva e cooperativa, perciò nel corso della lezione si è anche ragionato di disobbedienza civile non violenta passando per gli esempi più noti nella storia fino ad arrivare alla più recente Greta Thunberg e alla necessità di farsi eco-eroi ed eco-eroine.

PASSANDO AL GRADO SCOLASTICO SUCCESSIVO, ovvero la scuola secondaria di primo grado ( le antiche «scuole medie»), arriviamo in Toscana, in particolare all’istituto comprensivo di Castelnuovo di Garfagnana, in provincia di Lucca. Lucia Giovannetti insegna lettere ed ha tenuto la sua lezione ecologica in una classe prima. 

Lo scopo è stato quello di confrontare i nostri punti di vista sulla natura con le visioni degli indiani d’America. «Ho proposto ai miei alunni di commentare, buttandosi senza troppo pensare, quattro immagini: 1) un gruppo di alberi vetusti; 2) un cervo maestoso dallo sguardo magnetico; 3) un bel piatto di zuppa di verdura con pezzi di carne; 4) una cava delle Alpi Apuane spinta in quota. Li ho invogliati a farlo dicendogli che poi ci sarebbe stato un confronto con il pensiero degli indiani d’America vissuti 2/3 secoli prima di noi». Per il confronto Lucia ha utilizzato la selezione di testi e di immagini dei nativi contenuti nel libro ‘Sai che gli alberi parlano? La saggezza degli Indiani d’America’. Lucia riporta che i bambini e le bambine erano molto incuriositi e si sono impegnati a scrivere le loro impressioni che poi in cerchio sono state confrontate e commentate con i testi selezionati dal libro, in particolare le definizioni di albero, cervo, cave.

«QUESTI TESTI MOLTO SUGGESTIVI HANNO impressionato i bimbi. Alcune delle loro annotazioni sono scese piuttosto in profondità: una bimba ha detto che nel bosco sta bene e le viene da raccontare i suoi segreti alle piante; un bimbo che il cervo gli ricordava le corna appese al camino nella baita di montagna dei nonni e che gli dava un senso di mistero. Sulle cave, paesaggio loro ahimè familiare, hanno annotato «fatica», «distruzione della montagna», «cosa triste ma che serve a far lavorare».

RIMANENDO IN AMBITO DI TERRA, SUOLO, PAESAGGIO sottratti e trasformati dalle attività umane, ci spostiamo a Roma dove Walter, docente di matematica e fisica, come lezione ecologica ha proposto a una classe quarta del liceo Scientifico Russel una lezione sul consumo di suolo. Walter fa parte del comitato che si oppone alla costruzione del nuovo stadio della Roma, tema sensibile per i ragazzi tifosi, che quando è stato toccato ha suscitato grande interazione. Una discussione che non si è potuta esaurire in quel frangente e a cui sicuramente il docente darà seguito, in parallelo con un corso sulla decrescita che sta seguendo un’altra classe. L’esperienza è servita intanto a far emergere come gli studenti e le studentesse desiderino molto affrontare argomenti di attualità con un approccio scientifico, ma con una modalità che non sia quella calata dall’alto, stimolata si ma non totalmente organizzata. Anche per Walter non è una novità approntare lezioni di questo tipo. In questo caso, come invita l’iniziativa delle lezioni ecologiche, ha inviato una comunicazione alla dirigenza scolastica e ai colleghi e per il prossimo anno scolastico ha intenzione di formalizzarle. 

Si è svolta sotto un grande albero di cedro invece la lezione ecologica tenuta da Maria Elena Bertoli che insegna religione all’Istituto di Istruzione Superiore Barga in provincia di Lucca. Con il supporto della testimonianza di una grande appassionata di alberi invitata per l’occasione, a una classe seconda del Liceo Linguistico è stata data l’opportunità di comprendere il senso dell’impegno per la difesa della natura e l’importanza di un suo elemento come l’albero, che quasi non notiamo perché lo vediamo sempre; a questo è servito anche un esercizio di immaginazione che è stato proposto, ovvero quello di vedere quello stesso posto non con erba e alberi ma cemento e macchine, come un parcheggio. «I ragazzi erano molto contenti – racconta Maria Elena – per essere entrati in contatto con 

la passione, per aver avuto un ruolo, ognuno di loro aveva qualcosa da fare, e per aver imparato non solo con la testa ma anche con il cuore».

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